Infortuni sul lavoro: il datore non è responsabile per i comportamenti anomali del lavoratore

Infortuni sul lavoro: il datore non è responsabile per i comportamenti anomali del lavoratore
04 Luglio 2017: Infortuni sul lavoro: il datore non è responsabile per i comportamenti anomali del lavoratore 04 Luglio 2017

La prima Sezione della Cassazione civile ha precisato i principi giuridici da applicarsi al caso in cui un lavoratore subisca danni alla persona causati da un suo comportamento anomalo, tale da esorbitare dalle mansioni affidategli.

Si trattava del caso di un “operaio modellista, nonché incaricato della apertura dei cancelli, del sistema di allarme, del controllo di porte e uffici” che aveva scavalcato il “parapetto del tetto sovrastante il reparto produttivo aziendale, con la relativa griglia”, cadendo a terra e procurandosi gravi lesioni.

La Corte d’appello aveva confermato la decisione del Tribunale che aveva rigettato la domanda di insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro proposta dal lavoratore infortunato dopo aver, fra l’altro accertato, l’inesistenza di qualsiasi prova in merito ad un ordine impartito a quest’ultimo di tenere il comportamento dianzi descritto.

Pure la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13885/2017, ha respinto il ricorso proposto dal lavoratore contro questa decisione ricordando come, Per costante giurisprudenza, quest’ultimo sia onerato non solo della prova in merito all’esistenza di un danno alla persona, ma debba provare “pure la nocività dell’ambiente di lavoro e il nesso di causa tra l’uno e l’altra”.

La sentenza ha poi affermato che “quanto al nesso causale, e parimenti consolidato il principio secondo cui il risarcimento non è dovuto, da parte del datore di lavoro, allorché il lavoratore abbia tenuto egli stesso un comportamento anomalo, idoneo ad interrompere il nesso di causalità, in quanto, in tal modo, vi è nemmeno la cd. occasione di lavoro”.

Infatti, l’“occasione di lavoro” non sussiste quando si è “in presenza di un rischio estraneo [a quello “specifico connesso all’attività lavorativa cui il soggetto è preposto”], generato da una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa”.

Alla luce di questi principi, secondo i giudici di piazza Cavour, non è quindi “censurabile l’accertamento compiuto dal giudice del merito circa l’estraneità dell’ispezione del tetto” compiuta dal lavoratore nel caso specifico “dalle mansioni, come dagli ordini ricevuti”.

Insomma, il datore di lavoro risponde dei soli danni che siano conseguenti all’avviamento del rischio “specificamente” connesso alle mansioni che ha affidato al lavoratore, alle quali si ricollega il suo obbligo di prevenzione, ma non di quelli che esorbitavano da tale rischio, perché provocati da condotte dell’infortunato estranee alle mansioni affidategli (ovvero a specifici ordini di servizio che gli siano stati impartiti, anche in deroga a queste).

Il lavoratore resta quindi esposto personalmente, senza potersi rivalere sul proprio datore di lavoro, alle conseguenze dannose provocate dal suo stesso comportamento, quando questo non corrisponda ai compiti che gli sono stati affidati.

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